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Bruck: Ho scritto una lettera a Dio e il Papa è venuto da me

Il libro della scrittrice ha colpito Francesco, che le ha reso omaggio

Edith Bruck racconta da sempre. Lo fa nelle scuole dove i ragazzi ascoltano questa elegante signora di 88 anni che ha visto la sua famiglia svanire nella polvere di Auschwitz, portandosi via il mondo di ieri e le chiedono se abbia perdonato, se creda in Dio, se odi i suoi carnefici. Lo fa nei tanti libri scritti per ricordare, parole, versi, la cronaca della resurrezione a cui sono condannati i sopravvissuti. Lo ha fatto con Papa Francesco, che sabato pomeriggio si è seduto su questo divano chiaro davanti alla torta preparata dalla fedele Olga e l' ha abbracciata, ringraziandola per l' ultimo romanzo, Il pane perduto, appena candidato al Premio Strega. Lei però, arrossendo ancora al pensiero della visita, non se ne gloria: mostra invece L' enciclica che le ha donato Bergoglio con una dedica al coraggio. Gli ha promesso, dice, che ne avrà per tutto il pane perduto.

Ha raccontato al Papa che quando da bambina voleva recitare in classe le preghiere imparate con fatica il sacerdote la zittiva, perché in quanto ebrea non la riguardavano?

«Bergoglio ha letto il mio libro, conosceva la mia vita. Sabato abbiamo parlato anche della Chiesa cattolica, mi ha detto che l' antisemitismo storico ha radici nel cristianesimo. Sono rimasta senza fiato ascoltandolo, aveva chiesto di vedermi dopo una mia intervista con l' Osservatore Romano, ma non ha voluto che andassi io da lui, è venuto per rendere omaggio alla vittima, alla scrittrice, alla testimone di memoria, alla donna, a una rappresentante del popolo ebraico».

Per questo è venuto di Shabbat, il giorno del riposo?

«E' stata una scelta voluta, la sua, non una mancanza di rispetto, ma un omaggio».

La testimonianza della memoria è garanzia che quanto accaduto non accada più?

«La Shoah non tornerà. Ma quell' orrore non è mai finito perché non è servito a niente, non abbiamo imparato nulla. Quarant' anni fa sono venuti fuori i primi negazionisti, ora rifiorisce il fascismo, l' odio si moltiplica se non nell' immediato contro gli ebrei contro i migranti, i diversi. Per ora dell' antisemitismo risorgente si incolpa l' Islam, ma è un alibi: il rimosso dell' Occidente è tutto lì, sotto il tappeto. Anche su questo mi sono confrontata con il Papa, lui sente come me la minaccia del razzismo, il fascismo, il sovranismo e l' antisemitismo. E' sempre così quando c' è una crisi economica, si cerca il capro espiatorio. Il mondo è cambiato, l' Italia è cambiata: quando sono arrivata, negli Anni 50, abitavo in una stanzetta vicino a un tipografo e lui divideva con me la sua zuppa di cavolo. Ora neppure ci si saluta più».

Un anno di Covid-19 ci ha reso peggiori o migliori?

«Molto peggiori. La storia di scegliere i giovani a scapito degli anziani, improduttivi e dunque sacrificabili, è stata allucinante. Il Papa ha detto che abbiamo trattato i nostri nonni come scarti. Ho l' impressione che il mondo vada verso la propria fine ed è il prezzo da pagare per non aver fatto a dovere i conti con la storia: non li ha fatti l' Ungheria e nemmeno la Polonia, la Repubblica Ceca, la Francia, l' Italia».

Il Vaticano li ha fatti?

«Sono cresciuta tra i preti che mi rinfacciavano di aver ucciso Gesù e la mamma che diceva "ci hanno rubato Yeshua". Ero circondata dall' antisemitismo ma avevo amiche cristiane, perché gli ebrei ultraortodossi non mandavano i figli a giocare con una bimba poco religiosa come me. E, anche quando le cose sono peggiorate e mi costringevano a sedere sull' ortica con il sedere nudo, una famiglia cristiana ci ha portato il pane nel ghetto. La storia è fatta di chiaroscuri. Credo che sarà difficile far santo Papa Pio XII. Noi ebrei non abbiamo santi e io penso che lui fosse un uomo, aveva paura di danneggiare la sua comunità denunciando le deportazioni che si moltiplicavano ma, al tempo stesso, tanti cristiani hanno nascosto degli ebrei».

Il suo libro finisce con una lettera a Dio. Le ha risposto?

«No. O forse la risposta è la visita del Papa che mi dice di approvare quella lettera in cui scrivo della solitudine del credente, i dubbi, il vuoto. Forse la risposta di Dio è anche il fatto che io sia ancora qui ad alimentare la memoria dopo essere sopravvissuta tante volte da quando durante le selezioni chiudevo gli occhi sperando che così Mengele non mi vedesse». (La Stampa)



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