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San Filippo Neri, il santo della gioia

La sua biografia è ricca di episodi, aneddoti dove l’insegnamento si fonde all’allegria

di Antonio Tarallo

Un santo così “particolare”, forse, la Chiesa non lo ha mai avuto. La biografia, la sua condotta di vita, la sua santità, tutto concorre a definirlo - in una certa misura - un santo “strano”, diciamo così. Forse, potremmo sintetizzare la sua biografia in una eterna oscillazione, in una simpatica (e al contempo, seria) altalena tra la Terra e il Cielo, tra un’umanità sconfinata e una visione profondamente teologica e spirituale della vita. San Filippo ci ha insegnato il cercare il Divino nelle “piccole cose”, negli avvenimenti quotidiani in cui tutti incorriamo. Ci ha fatto comprendere quanto - proprio in quest’ultimi - si “nasconda” Dio. E non ce lo ha fatto comprendere attraverso complicate catechesi, bensì con la semplicità, ma - soprattutto - con l’allegria, segno inconfondibile della sua intera esistenza. Il suo amore per la formazione della gioventù (grazie all’istituzione degli oratori), la sua umiltà (rinunciò al titolo cardinalizio), la sua ostinata determinazione, il suo continuo voltare lo sguardo verso il Cielo, fanno di Filippo Neri una delle figure di santità più belle, più affascinanti, più “curiose” del ‘500 e dell’intera Storia della Chiesa.

La vita
Filippo Neri nasce a Firenze il 21 luglio 1515. Studia, da giovane, con i domenicani del convento di S.Marco, dove era ancora vivo il ricordo di Savonarola. A diciotto anni, si trasferisce a S.Germano vicino Montecassino, per apprendere da un suo ricco zio l'arte del commercio. Ma non è questa la strada per Filippo, così si trasferisce a Roma: un fiorentino, Galeotto Caccia, gli offre l'alloggio in cambio dell'educazione dei figli. Spesso si reca in visita alle catacombe di S.Sebastiano, dove, il giorno di Pentecoste del 1544, riceve lo Spirito Santo sotto forma di globo di fuoco. Nel 1548, ancora laico, fonda la confraternita della SS.Trinità dei pellegrini e convalescenti. Nel 1551 Filippo è ordinato sacerdote.

Da quel giorno abita a S.Girolamo della Carità: qui incomincia la popolarità di Filippo, celebrando con molte persone la Santa Messa. In questa attività pastorale, grande attenzione viene riservata all’educazione dei giovani. Filippo, facendosi “fanciullo coi fanciulli, sapientemente”, diviene loro amico e compagno di giochi. Non apre scuole e non traccia programmi teorici di insegnamento, ma organizza “liete brigate”. “State allegramente, che così mi contento, né altro voglio da voi, se non che non facciate peccati”. Nel 1563 è nominato rettore della chiesa di S.Giovanni dei Fiorentini, pur continuando a vivere a S.Girolamo della Carità. Nel 1575 papa Gregorio XIII gli assegna la chiesa di Santa Maria in Vallicella, dove fonda la nuova congregazione dei preti e chierici secolari. Filippo si trasferisce alla “chiesa nuova” solo nel 1583, rimanendovi fino alla sua morte, avvenuta il 26 maggio 1595. Le spoglie di S.Filippo sono conservate nella cappella, a lui dedicata, alla sinistra del presbiterio della Chiesa Nuova.

Gli allegri episodi della vita del santo
La vita di San Filippo Neri è costellata di simpatici aneddoti. Cerchiamo di dare una rapida visione di quelli più divertenti.

La nobildonna romana e l'Eucaristia
Un episodio racconta di una nobildonna che andava spesso alla Messa celebrata da San Filippo Neri. Dopo aver preso la Comunione, ella se ne andava mancando di fare un adeguato ringraziamento. La cosa si verificava spesso. Un giorno, prima di iniziare la celebrazione della Messa, san Filippo disse a due chierichetti: “Ad un mio cenno seguite con le candele accese una donna che io vi indicherò”. Iniziò la Messa, dopo la Comunione, la solita nobildonna, ricevuta l’ostia, lasciò la Chiesa. San Filippo fece cenno ai due chierichetti e questi obbedirono all’ istante. I due fanciulli, con due grosse candele accese, seguivano la donna. Questa ovviamente si girò e chiese loro il perché. I fanciulli dissero la verità e la donna, visibilmente innervosita, tornò in chiesa per chiedere spiegazioni al sacerdote. “Come vi siete permesso?” disse a san Filippo, ma questi di rimando: “Signora, mi sono permesso perché stava portando la Santissima Eucaristia in processione per le strade di Roma. Lo sa o non lo sa che ogni qualvolta riceviamo Gesù Sacramentato diventiamo per un po’ di tempo dei tabernacoli viventi?”. La nobildonna capì tutto e non osò replicare.

La gallina e la Confessione
Un giorno andò dal santo una contadina che in confessione si accusò di parlare male del prossimo. San Filippo le dette l’assoluzione. La contadina tornò dopo pochi giorni accusandosi dello stesso peccato. San Filippo le dette nuovamente l’assoluzione. Passarono ancora pochi giorni e la donna tornò dal Santo accusandosi dello stesso peccato. Allora san Filippo le disse: “Ti assolvo, ma come penitenza devi fare questo: prendi la gallina più grande che possiedi, spennala, getta le penne nell’aria e poi con questa fatti un buon brodo”. La contadina sbalordì per quella penitenza così poco “penitenziale”, ma ubbidì. Dopo qualche giorno ritornò da san Filippo, ancora con lo stesso peccato. A che il Santo le disse: “Ti ricordi di quella gallina che spennasti qualche giorno fa per farti un buon brodo?” La donna annuì. “Bene – riprese san Filippo – adesso come penitenza vai a raccogliere tutte le penne di quella gallina che gettasti nell’aria”. La contadina protestò: “Ma, padre, come faccio adesso? Le ha portate via il vento!” San Filippo concluse: “Ecco cosa sono le tue chiacchiere cattive. Sono come le penne gettate nell’aria, non possono essere più riprese. Come si fa riparare il danno di parlare male del proprio prossimo?”.

Mendicante di...schiaffi
Per accudire i tanti giovani che lo circondavano, San Filippo arrivava a mendicare per le strade e alle porte dei più sontuosi palazzi. Si racconta che, un giorno, un signore, ritenendosi infastidito dalle sue richieste, gli diede un ceffone. Filippo non si scompose: “Questo è per me” - disse sorridendo - “e ve ne ringrazio. Ora datemi qualcosa per i miei ragazzi”.


Antonio Tarallo

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