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Quando un sacerdote muore per la Fede

Il sacrificio di Jerzy Popiełuszko

di Antonio Tarallo

I martiri ancora ci sono, lo sappiamo. E non serve andare troppo lontano né con il tempo, né con lo spazio. Abbiamo vissuto, proprio da poco, nel nostro Paese il sacrificio di Don Roberto Malgesini : ancora fresca nella nostra memoria la sua uccisione che ha lasciato  tutti nello sgomento. Ma, facciamo un passo indietro con il tempo, e ci accorgiamo - senza andare al periodo delle cosiddette “fosse dei leoni”, quelle dei primi martiri cristiani - che poco lontano dal nostro Paese, trentasei anni fa, si compiva il sacrificio di un giovane sacerdote martire. Un’anima buona, così si potrebbe sintetizzare la sua biografia. Un’anima che aveva solo il desiderio di sconfiggere il male con il Bene.

Stiamo parlando di  Jerzy Popiełuszko, “una figura che non deve scomparire dalle nostre coscienze, perché lui è stato un simbolo eloquente, simbolo di quello che un sacerdote cattolico desidera fare per il bene dei suoi fratelli e del prezzo che è disposto a pagare”. Queste parole che descrivono bene la sua vita, la sua missione sono di Giovanni Paolo II, polacco come lui. Anche Wojtyla aveva vissuto la Polonia del regime, prima nazista e poi comunista. Padre Popiełuszko aveva visto - per ragioni anagrafiche - solo quest’ultimo regime e lo aveva combattuto con l’Amore. Strano a dirsi, ma fu così. Solo con l’Amore. Perché “solo l’Amore crea”, queste le parole di un altro sacerdote polacco “martire per la Fede”: era padre Massimiliano Kolbe e anche lui vittima di un regime, quello nazista dei lager, delle camere a gas. 

C’è nelle date di questi tre personaggi nominati una sorta di filo rosso che lega tutti al mese di ottobre, mese mariano per eccellenza, assieme a quello di maggio.  Jerzy Popiełuszko muore il 19 ottobre (1984); Wojtyla diventa pontefice il 16 ottobre (1978); Kolbe fonda la Milizia dell’Immacolata il 16 ottobre (1917)

Il lavoro di un sacerdote è in qualche modo la continuazione degli impegni assunti da Gesù. Un sacerdote viene scelto dal popolo e consacrato per il popolo, per servirlo. Il dovere di ogni sacerdote è dunque quello di rimanere sempre con il popolo nella buona e nella cattiva sorte”, così scriveva il sacerdote polacco trucidato dal regime comunista. E lui ha vissuto fino in fondo questo servizio a gesù, ai fratelli. Ai funerali presero parte circa centomila persone provenienti da tutta la Polonia. Il 6 giugno 2010, alla solenne cerimonia della sua beatificazione, parteciparono a Varsavia, oltre 150.000 persone.  Era la vittoria del Bene sul male. 

Popiełuszko nacque a Okopy, un villaggio sperduto presso Suchowola. I suoi genitori erano contadini. Fu ordinato sacerdote il 28 maggio 1972 a Varsavia dal cardinale Stefan Wyszyński. Fino al 1980 ricoprì il ruolo di cappellano nel suo villaggio di origine, occupandosi principalmente dell'educazione di bambini e ragazzi. Solo più tardi  iniziò ad avvicinarsi al movimento operaio polacco Solidarność: famosa fu una sua messa solenne celebrata in fabbrica durante una sciopero degli operai metallurgici. Troppo vicino agli ultimi, troppo vicino alla gente. Il regime non poteva permetterlo. E fu così che la sua vita fu stroncata con un vile attentato: di ritorno da un servizio pastorale, fu rapito, rinchiuso nel bagagliaio di un'automobile, e selvaggiamente picchiato da parte di tre funzionari del ministero dell'interno, che poi lo gettarono ancora vivo nelle acque della Vistola, dove il cadavere fu ritrovato il 30 ottobre vicino a Włocławek. 


Antonio Tarallo

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