Padre Enzo Fortunato: Quel perdono che libera l'uomo di oggi
Era l’anno 1216, dinanzi ad una grande folla, alla presenza dei vescovi dell’Umbria, papa Onorio III promulgò il grande Perdono, chiamato il Perdono di Assisi
di Enzo Fortunato, Direttore Rivista San FrancescoEra l’anno 1216, dinanzi ad una grande folla, alla presenza dei vescovi dell’Umbria, papa Onorio III promulgò il grande Perdono, chiamato il Perdono di Assisi. Per capire la decisione del Papa, dobbiamo fare un passo indietro. Nella piccola chiesetta della Porziuncola Francesco d’Assisi ebbe una visione in una notte del luglio 1216 e riuscì ad ottenere da Cristo e dalla Vergine, che gli erano apparsi, la promessa straordinaria che quanti, lungo i secoli, si fossero recati a pregare nella Porziuncola, avrebbero ottenuto la completa remissione delle loro colpe: il Perdono di Assisi.
Da allora ogni anno in tutte le chiese francescane del mondo si celebra uno degli atteggiamenti spirituali più significativi, più spirituali e più sociali che possano esistere. Se penso comunque ad alcune conversazioni che fanno notare come il Perdono tocca sempre agli altri chiederlo, come se ferisse l’orgoglio dell’Io, o per usare un’espressione di uno dei più importanti sociologi contemporanei, Domenico De masi, la “muraglia cinese del proprio io”. Eppure il perdono, stando all’etimologia della parola per-dono, nasce da noi stessi e inonda la vita dell’altro. San Francesco, oltre ad invocarlo, ha fatto comprendere ai suoi contemporanei, e a noi che lo leggiamo oggi, come lo si potrebbe vivere: “ogni volta che una persona sbaglia con te fai in modo che incrociando i tuoi occhi non vada via senza aver sperimentato il tuo perdono”. In una società presa e attanagliata da un’epidemia che sembra non dare scampo, da una crisi economica e sociale senza precedenti, o imbrecciamo il sentiero della reciproca comprensione e della reciproca solidarietà oppure dovremmo iniziare ad indossare i “giubbotti antiproiettili”, cadendo in un imbarbarimento senza precedenti.
Ed è quanto mai vero quello che papa Francesco ha ricordato - e ricorda continuamente – cioè che da qualsiasi crisi, indipendentemente dalla natura di essa, non si esce mai indifferenti, ma migliori o peggiori. Come francescani puntiamo sulle forze positive che l’uomo si porta dentro e il perdono è una pietra miliare. Ecco perché esso, ogni anno il 2 agosto, viene proclamato, vissuto e tramandato. Difronte ad ogni tentazione che la vita ci riserva puntiamo a dirci, e a dire: “preferisco il paradiso”. La Nazione del 2 agosto 2020
Enzo Fortunato, Direttore Rivista San Francesco
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