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In Calabria aperta l’inchiesta per la beatificazione del monaco Cassiodoro

Guido Rhodio, fondatore del centro studi 'Cassiodoro' ne racconta l'alto pensiero 

di Domenico Marcella

Un paesaggio animato da bagli storici, mosso da dolci colline coltivate a ulivi e agrumeti, scenograficamente dominato dall’imponente castello normanno fregiato dai Borgia. Siamo a Squillace, centro della provincia di Catanzaro sorto sulla leggendaria colonia marina fondata dai greci con il nome di Skylletion – divenuta poi Scolacium –, occupata dai romani fino all’epoca in cui la scelta di spostarsi in altura per sfuggire alle incursioni arabe prese il sopravvento. In questo castrum dell’entroterra, nel 485 d.C. nacque Flavio Magno Aurelio Cassiodoro. Per quest’uomo vissuto nell’Italia che trovava nuovi assetti dopo il crollo dell'Impero romano, l’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace Vincenzo Bertolone ha aperto l’inchiesta diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione. Abbiamo incontrato Guido Rhodio, fondatore del centro studi "Cassiodoro" che contribuisce in maniera eccelsa a diffondere l’essenza più autentica dell’alto pensiero del monaco: «L’istituto nasce formalmente dall’incontro con Sandro Leanza, titolare della cattedra di Letteratura Cristiana Antica all’Università della Calabria, avvenuto nel 1983, in occasione del quindicesimo centenario della morte di Cassiodoro. Organizzammo un importante convegno di portata internazionale e, a conclusione della settimana di studi, l’assemblea dei convegnisti – composta da eminenti figure del mondo universitario e culturale europeo, fa cui Jacques Fontaine e Yves Marie Duval – decise che quell’esperienza così importante non poteva disperdersi, ma doveva proseguire con un la costituzione di una realtà solida. L’Istituto su Cassiodoro e sul medioevo in Calabria viene così fondato a Squillace il 5 agosto 1989».

C’è un aspetto che più caratterizza il pensiero di Cassiodoro?

«Tanti, indubbiamente. Nel corso dei secoli, però, si è privilegiato soltanto l’aspetto dell’erudito, dello scrittore, e non quello dello statista. Cassiodoro, non dimentichiamolo, è stato stretto collaboratore di Teodorico. Nell’opera “Le Istituzioni”, Cassiodoro parla della politica intesa come servizio e non come interesse privato del singolo. È interessante soffermarsi su questo dettaglio, poiché tutto il pensiero cassiodoreo ruota intorno al concetto di civilitas ‘ché fa leva sul rispetto della convivenza sociale fra Romani e stranieri fondata sulle leggi e i princìpi cardine della società, a garanzia della giustizia e della pace sociale».

Uno statista che ha posto al centro la cultura, come una sorta di imperativo categorico a cui far riferimento.

«Cassiodoro invitava a far leva sul potere immenso della cultura come antidoto per superare le difficoltà sociali. Fondò, a tal proposito, il Vivarium: un monastero impreziosito da una ricca raccolta di codici e testi della letteratura greca e latina, che divenne la prima università d’Europa. Cassiodoro, inoltre, costruì ponti – e non muri – sulle linee di frattura del sesto secolo, fra i Romani e i Goti, fra i cattolici ortodossi e i loro dominatori ariani, fra l’est e l’ovest, fra la cultura greca e la cultura latina, mettendo così in relazione la cultura classico-pagana e la cultura cristiana, professandone l’importanza della coesistenza».

Oggi di queste sue realtà da lui fondate, però, non v’è più alcuna traccia.

«La vittoria dei Longobardi e il successivo arrivo dei Bizantini hanno oscurato la figura di Cassiodoro e tutto il suo operato di tutela e valorizzazione della romanità e della latinità».

Le chiedo, a tal proposito, di un affresco svanito.

«Sì. Nel 1914, l’arcivescovo di Squillace, Eugenio Tosi – successivamente cardinale a Milano – fece rappresentare Flavio Magno Aurelio Cassiodoro nella nostra cattedrale. L’affresco, però, non è più visibile. Non sappiamo se a causa dell’usura procurata dal tempo o se vittima della forza demolitrice messa in atto dall’uomo».

Questo non trascurabile dettaglio lascia ben presagire che Cassiodoro sia già salito alla gloria degli altari.

«Di fatto è così. Numerose sono le testimonianze che annoverano Cassiodoro fra i santi dipinti anche nella vecchia cattedrale normanna. Nella sacra iconografia, per esempio, Cassiodoro, viene spesso rappresentato con l’aureola. L’inchiesta diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione voluta da monsignor Bertolone, per fortuna, lo ufficializza definitivamente e infrange ogni dubbio».

Cassiodoro è stato citato, e non è un caso, da tre pontefici.

«Esattamente. Paolo VI ribadì a chiare lettere – nel 1975, durante il grande pellegrinaggio giubilare, davanti un considerevole numero dei cattolici calabresi – il valore di Cassiodoro. Successivamente, Giovanni Paolo II , nel 1984 durante la sua visita pastorale a Catanzaro accreditava le iniziative definendolo “una ricchezza di famiglia, che non deve essere dispersa, ma gelosamente custodita come patrimonio prezioso a cui ispirarsi per porre le basi più sicure per la rinascita umana e cristiana della Calabria”. Nel 2008, infine, Benedetto XVI dedicò a Cassiodoro una catechesi in Piazza San Pietro, definendolo “modello di incontro culturale, di dialogo, di riconciliazione fra i popoli”. Benedetto XVI, inoltre, è un impareggiabile estimatore di Cassiodoro».

Ci troviamo dinnanzi a una figura trasversale apprezzata, da cattolici e laici, per quel suo alto pensiero completamente scevro da integralismi.

«Tutti gli studi evidenziano come la ricetta proposta da Cassiodoro, in quei lontanissimi tempi, possa ancora costituire un’ alternativa al superamento delle torbide nebbie del presente. San Benedetto da Norcia – suo coevo – s’interessò esclusivamente alla cultura religiosa; Cassiodoro, invece, da eccelso rivoluzionario, fece gran riferimento alla cultura classica e a quel umanesimo integrale che esortò Jacques Le Goff – storico e accademico francese, studioso della storia e della sociologia del Medioevo – ad annoverarlo fra i fondatori dell’Europa. Non giuridicamente o tecnicamente, ovviamente, ma per il suo acceso sostegno dell’unione tra i popoli diversi. È stato Cassiodoro, infatti, ad abbozzare quello che poi fece San Benedetto».

Lei ha un percorso politico costellato da cariche importanti: sindaco di Squillace, vicepresidente della Provincia di Catanzaro e presidente della Regione Calabria. È inevitabile chiederle quanto la figura di Cassiodoro abbia influenzato la sua esperienza.

«Totalmente, direi. Non è soltanto per l’amore patrio o per l’essere nato e cresciuto in un ambiente culturalmente ed emotivamente legato all’esperienza di Cassiodoro. Ho fatto riferimento, poco fa, all’opera “Le Istituzioni”, in cui ricorda in maniera schietta agli amministratori locali di non farsi mai tentare dalla realizzazione dei propri interessi, poiché eletti soltanto per servire il popolo. Da politico, mi sono rispecchiato in pieno in lui, cercando di condurre una vita – pubblica e privata – in stretta correlazione con la figura del buon cristiano».

Mi permetta di rilevare una lucentezza particolare nei suoi occhi.

«Sì, è innegabile, perché sempre più spesso la Calabria finisce al centro della cronaca per personaggi negativi e fatti dolorosi, che affliggono persone e comportamenti. Cassiodoro non è certo un calabrese da dimenticare, o peggio da emarginare, ma da esaltare perché ha contribuito al progresso dell’umanità. Do merito alla Chiesa di Catanzaro-Squillace per aver finalmente preso a cuore un meridionale così spiccato per valorizzarlo al meglio».

Come le piacerebbe concludere questa conversazione?

«Citando il cardinale Gianfranco Ravasi ‘ché nel 2012 ha chiuso a Roma il "Dialogo su fede e musica” – un colloquio col maestro Riccardo Muti, tenutosi nell’eccezionale contesto della Basilica di Santa Maria in Ara Coeli – con una frase di Flavio Magno Aurelio Cassiodoro: “Se noi continueremo a commettere ingiustizie, Dio ci lascerà senza la musica”. Ecco, questo potrebbe essere l’ennesimo spunto per riflettere sulla poliedricità di una personalità così immensa che non smetterà mai di sedurre e di ispirare».


Domenico Marcella

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