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Cortile, fra Marco: Speranza, un tema che non può essere eluso

di Luisa Benevieri

Il Cortile di Francesco si è chiuso con la lectio di Massimo Cacciari sul tema "Passione e Speranza" accompagnato dall'orchestra musicale della Basilica Papale di San Francesco diretta da padre Magrino e con il saluto del Custode, fra Marco Moroni

 

Siamo giunti alla conclusione di queste giornate e di questa edizione del Cortile con questa serata a doppia voce, con il professor Cacciari e con l'orchestra. Ringrazio tutti coloro che hanno lavorato e contribuito, con le idee e in maniera fattiva, con l'organizzazione, i tecnici, gli sponsor, coloro che in modi diversissimi hanno fatto sì che questa edizione potesse avvenire in larghissima parte in presenza. Non lo immaginavamo, lo speravamo, a proposito di speranza, lo speravamo quando abbiamo cominciato a immaginare il Cortile di quest'anno, e quando ci siamo detti che il tema poteva essere “speranza”, quando eravamo ancora in lockdown, quando ad Assisi c'erano solo i frati e qualche collaboratore. Era una sfida, pensare si potesse realizzare, ma abbiamo detto "Ci proviamo, e sicuramente si potrà fare in presenza".

Il punto di domanda era: “cosa possiamo sperare in questo tempo di pandemia e di crisi ecologica, di situazione economica difficile, di tante questioni che vengono a galla e sembrano irrisolvibili?”. Che cosa possiamo sapere, che cosa dobbiamo fare e che cosa possiamo sperare sono le famose tre domande di Kant. L'idea partiva da una situazione reale di mancanza di speranza, ma notiamo che il tema della speranza è fondamentale, ci coinvolge e coinvolge l'umanità, come singoli, credenti e non credenti. È un tema che non può essere eluso. Che cosa possiamo sperare? In fondo la speranza ci è necessaria per il domani, perlomeno per il domani. Se sono qui oggi è perché spero domani di esserci ancora, altrimenti non mi impegnerei nell’oggi.

C'è anche una speranza più a lungo termine, che deve avere un fine, come giustamente diceva Cacciari: da frate, da cristiano, da credente, sento il dovere e la necessità di richiamare le prime righe di San Paolo nella prima lettera a Timoteo. Tra le prime parole troviamo queste: “Gesù Cristo nostra speranza”. Nel Te Deum, verso la fine, si dice rivolti a Dio: “Tu sei la nostra speranza”. E anche San Francesco, in una delle preghiere più belle, le Lodi di Dio altissimo, dice “Tu sei ricchezza, bene, pace…, Tu sei la nostra speranza”. Sulla speranza che ci sia un'ulteriorità fondiamo tutto. Il cardinal Ravasi nel suo intervento ci ricordava il testo di Peguy in cui si dice che la speranza tra le tre virtù teologali è la più piccola, come la bimba in mezzo ai genitori. Genitori che magari sono disattenti, ma la bimba li tiene per mano e li trascina avanti. Questa è la speranza cristiana, che ci trascina verso l'ulteriorità di Dio. Grazie per essere stati qui, grazie a tutti coloro che ci hanno seguito attraverso il web: quest'anno tutto è stato ripreso e trasmesso e rimarrà a disposizione per un ulteriore pensiero e riflessione. Grazie


Luisa Benevieri

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