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Natura morta nel menu

Gli chef cucinano i piatti dei dipinti degli Uffizi  

Per trasformare il peperone e l' uva dipinti da Giorgio de Chirico in una succulenta minestra di riso, arricchita dal sapore deciso del tartufo nero, Marco Stabile ha pensato a «una passeggiata nella natura in una di quelle giornate settembrine in cui l' estate incontra l' autunno, l' aria si rasserena e tutto sembra rallentare ». Un movimento che lo chef del ristorante fiorentino Ora d' aria (una stella Michelin) rintraccia in quella che solo a uno sguardo disattento può apparire come una natura morta, tanto che lo stesso pictor optimus preferiva la definizione, per i suoi quadri, di "vite silenti". Abbinare a un capolavoro della pittura una ricetta originale è la sfida lanciata dalle Gallerie fiorentine a chef e protagonisti del mondo enogastronomico che, a partire da domenica, portano su Facebook il nuovo ciclo "Uffizi da mangiare": un appuntamento settimanale online in cui vari maestri dei fornelli sono chiamati a ispirarsi agli ingredienti - frutta, verdura, carni, pesce - raffigurati in un dipinto a loro scelta fra quelli ospitati nel museo per elaborare un piatto da cucinare in video, con tanto di istruzioni per replicarlo a casa.

Fra gli ospiti interpellati anche Fabio Picchi, patron del Cibrèo, scrittore e celebre volto televisivo della cucina toscana, che, di fronte al Ragazzo con cesta di pesci di Giacomo Ceruti, detto "il Pitocchetto", pittore settecentesco «fra i più sensibili alle storie della povera gente», si è immaginato una storia «che parla del passato, profumata dal sugo di granseola preparato dalle donne elbane: ho subito riconosciuto quel crostaceo, che alcune didascalie definiscono erroneamente un' aragosta, e ho pensato a un piatto che racchiudesse territorio e memoria». Per Dario Cecchini, il "poeta della bistecca" di Panzano in Chianti, la scelta non poteva invece che ricadere su una delle dispense con selvaggina immortalate da Jacopo Chimenti: protagonista la costata, sorella meno blasonata dell' iconica fiorentina e regina indiscussa sulla tavola del macellaio e ristoratore, che nel dipinto dell' Empoli legge un invito «a riscoprire la gioia del convivium in quest' epoca triste di distanziamento sociale». Mentre Valeria Piccini del ristorante, anch' esso stellato, Da Caino di Montemerano, nella Maremma grossetana, dal medesimo pittore prende in prestito un sontuoso germano, di cui si rammarica «di non poter far sentire al pubblico il profumo».

Obiettivo dell' iniziativa, approfondire il legame che, soprattutto attraverso il genere della natura morta, unisce il mondo dell' arte a quello della cucina. Ma anche offrire un' occasione per riscoprire, grazie alle gioie del palato, artisti meno noti al grande pubblico: dopo i primi quattro appuntamenti, altri cuochi si alterneranno con i loro manicaretti frutto della contemplazione delle opere, fra gli altri, del maestro delle nature morte olandesi, Willem val Aelst, di Caravaggio, il celeberrimo Bacco , ma anche della pittrice e miniaturista del Seicento Giovanna Garzoni, le cui rigogliose composizioni di frutta, fiori e verdura sono state protagoniste a Palazzo Pitti di un' importante monografica che ha segnato la riapertura delle Gallerie dopo il confinamento di primavera. «Negli ultimi decenni - riflette il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt - il vincolo tra arte e gastronomia è diventato una vera e propria scienza e materia di una seria indagine storica. Il nostro intento è creare un legame ancora più stretto con le opere del museo, inserendole in un contesto attuale e vitale. Il cibo dipinto e quello cucinato si incontrano così su un piano di verità che stimola l' attenzione dell' osservatore e porta alla ribalta i significati profondi e inaspettati nascosti nelle scene e nelle nature morte create dai pittori». "Uffizi da mangiare" non è l' unico appuntamento su Facebookl, in attesa della riapertura delle sale, del più visitato museo italiano (87 mila follower): fra gli altri, la rassegna "Dialoghi d' arte e cultura", trasposizione online, ogni mercoledì alle 17, delle conferenze prima ospitate nell' auditorium Vasari.  (La Repubblica)



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